L | M | M | G | V | S | D |
---|---|---|---|---|---|---|
1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 |
8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 |
15 | 16 | 17 | 18 | 19 | 20 | 21 |
22 | 23 | 24 | 25 | 26 | 27 | 28 |
29 | 30 | 31 |
C’è un popolo che da 100 anni non ha una terra da chiamare casa. C’è un popolo di 30 milioni di persone diviso in quattro paesi. C’è un popolo che ha spesso dovuto rinunciare alla sua lingua, alla sua cultura e alla sua identità. C’è un popolo che non ha mai smesso di lottare, preservando spesso anche gli interessi di chi lo ha tradito.
È il popolo curdo, diviso tra Turchia, Iraq, Iran e Siria sin dal 1920 quando, al termine della Prima Guerra Mondiale, con l’Impero Ottomano in frantumi, venne promessa la creazione di uno stato autonomo sull’altopiano del Kurdistan, uno Stato che non vide mai la luce perché Regno Unito, Francia e USA diedero il via alla creazione di altri stati nella zona.
Questo fu solo il primo dei tanti tradimenti subiti dal popolo curdo. Nel 1923 Ataturk annientò i curdi turchi impedendogli addirittura di conservare i propri nomi originari, nel 1946 l’Unione Sovietica cercò di annettere l’Iran e diede al popolo curdo una speranza che si chiamava Regno di Mahadab, che venne raso al suolo non appena i sovietici furono sconfitti. Nel 1958 inizia la prima rivolta curda in Iraq che durerà fino al 1970. Intanto, nel 1962, i curdi siriani perdono tutti i loro diritti.
Ed ecco il secondo grande inganno di cui cadono vittima i curdi: nel 1972 gli Stati Uniti armano i ribelli turchi contro l’Iraq filo-sovietico, tre anni dopo l’Iraq e gli USA stringono un accordo e i curdi vengono dimenticati e lasciati al loro destino.
Di loro sentiremo di nuovo parlare tra il 1987 e il 1988, quando Saddam Hussein, il dittatore iracheno, inizia un vero e proprio genocidio a danno dei curdi. Questa sarà la leva che Bush, nel 1991, utilizzerà per sostenere la legittimità dell’intervento armato in Iraq. Anche questa volta non finisce bene, i curdi vengono messi in fuga verso le montagne tra Turchia e Iraq. Nel frattempo proseguono le lotte tra la Turchia e i curdi turchi rappresentati dal PKK fondato da Öcalan.
Ed eccoci al 2014: dopo che l’ISIS ha annientato l’esercito regolare iracheno, restano solo i peshmerga, milizie dei curdi iracheni, a fronteggiare questo poderoso e spietato esercito. Nello stesso anno ancora gli Stati Uniti sfruttano il popolo curdo, in particolare le YPG, le milizie curdo-siriane, divenute famose per le loro indomite donne combattenti, contro l’ISIS che avanza in Siria.
E l’operazione riesce: nel 2017 i curdi, sostenuti dagli USA, riconquistano Raqqa e Mosul, sferrando il colpo definitivo al morente mostro dell’ISIS.
E qui arriva l’ultimo tradimento: Trump ed Erdoğan stringono un accordo nell’agosto del 2019 che prevede il ritiro delle truppe statunitensi dal Nord della Siria, laddove si trovano i territori curdi, al confine con la Turchia, il Rojava.
Erdoğan non aspettava altro che questo per annientare i suoi vecchi nemici e così sferra l’offensiva e bombarda i territori curdi con l’intenzione di creare un cuscinetto dove “installare” milioni di profughi siriani arrivati in Turchia a seguito della guerra. I curdi, schiacciati ancora una volta, si troveranno a dover chiedere aiuto al regime di Damasco, sostenuto da Russia e Iran, trovandosi in una situazione a dir poco penosa per loro.
Intanto l’Europa resta a guardare, solo la Francia ha presentato una mozione all’ONU, ben conoscendone l’efficacia praticamente nulla. Lo spettro dei rifugiati che potrebbero riversarsi dalla Turchia nel vecchio continente ha, ancora una volta, la meglio. E il popolo curdo si trova ancora una volta sotto scacco, senza alleati, sotto i bombardamenti turchi.
Luisa Casanova Stua
***
Dopo l’ingresso delle forze armate della Turchia nel nordest della Siria per allontanare dai propri confini le forze curde sostenute dagli Usa, siamo seriamente preoccupati per il rischio che l’offensiva militare abbia devastanti conseguenze sul piano umanitario e destabilizzi ulteriormente la regione. Chiediamo che la fornitura di armi alla Turchia venga sospesa immediatamente fino a quando non ci sia garanzia che quelle armi non verranno utilizzate per commettere violazioni contro i diritti umani.
Informati di più e sottoscrivi l’appello di Amnesty International ORA