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Sessant’anni fa le Nazioni Unite adottarono la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il primo documento internazionale che ha proclamato la dignità intrinseca e l’uguaglianza dei diritti per tutte le persone. Al di là dei confini nazionali, ideologici e culturali, la Dichiarazione è tuttora il punto di riferimento più importante per il dibattito sui valori etici. Tuttavia, la visione di cui è portatrice a proposito della libertà individuale, della protezione sociale, delle opportunità di crescita economica e dei doveri verso la comunità, non è stata ancora realizzata. Oggi i leader di tutto il mondo devono affrontare molteplici sfide quali la crisi economica globale, i cambiamenti climatici, il degrado ambientale, i conflitti armati, l’instabilità politica, la fame e la povertà.
Matti per i diritti umani, che ha ricevuto il patrocinio di Amnesty International, affronta il tema della salute mentale e le violazioni dei diritti umani a esso correlate, un argomento poco conosciuto e spesso negletto.
Si è scelto di utilizzare, in maniera rilevante e significativa, come punto di riferimento culturale, sociale e giuridico i documenti pubblicati da Amnesty International (o buona parte di essi) poiché tale organizzazione è nota in tutto il mondo per la sua imparzialità e per la sua accuratezza. Secondo gli ultimi dati epidemiologici, un terzo della popolazione mondiale soffre annualmente di una patologia psichiatrica ma non sembra esserci proporzione tra bisogno e risposta in un’esigenza condivisa e pubblicamente discussa di cure, interventi, trattamenti e servizi opportunamente dedicati. Il tema viene ancora affrontato con una forma di silenziosa discrezione carica di vergogna, e nell’impossibilità di condivisione pubblica. La discriminazione, lo stigma e l’esclusione sociale a causa di una malattia mentale sia dal consesso sociale che civile rappresentano forse la nostra più grande vergogna.
Il problema delle violazioni dei diritti umani nell’ambito della salute mentale esige un’ampia attenzione non solo per il numero delle persone coinvolte (e il trend sembra in aumento), ma anche perché, se non si riuscirà a contrastare le altre minacce globali, le persone affette da una patologia psichiatrica ne subiranno le peggiori conseguenze. Le persone affette da patologia psichiatrica sono tra coloro che vengono maggiormente colpite dalle guerre, dalle crisi politiche, dalla povertà e dal tracollo dell’economia perché questi accadimenti li relegano in una condizione di miseria, esclusione e stigmatizzazione.
Si sta iniziando a comprendere (se pur timidamente e solo in ristrette aree geografiche) che la salute mentale è una questione strettamente correlata ai diritti umani. Ne sono una prova tangibile l’attenzione che viene posta al problema non solo da Amnesty International ma anche da altre organizzazioni non governative e intergovernative quali ad esempio la Comunità di S. Egidio, Human Rights Watch, la Chiesa Cattolica e alcune chiese protestanti.
Difendendo i diritti umani delle persone affette da una patologia psichiatrica si difende anche la loro vita quotidiana nonché le libertà di cui hanno bisogno per progredire e per esprimersi riguardo al loro futuro (ciclo di vita, compliance farmacologica, alleanza terapeutica, cittadinanza attiva ecc.). Senza avere accesso all’istruzione, a un’adeguata assistenza sanitaria, a un alloggio e ad altre necessità primarie, e molto spesso esposte all’insicurezza, le persone affette da una patologia psichiatrica non hanno gli elementi essenziali per condurre una vita dignitosa. Escluse e non considerate, non hanno modo di migliorare la loro condizione. Non riuscendo a ottenere l’ascolto dovuto e non potendo influenzare gli eventi, di fronte a ulteriori minacce e privazioni rimangono senza difese, scendendo sempre più in basso nella spirale dell’emarginazione, della marginalizzazione e anche dell’esacerbazione della sintomatologia.
La sfida più grande riguardo alle persone che soffrono di disagio psichico non consiste solo nel fornire passivamente servizi e prestazioni (talvolta inefficienti e privi di qualità), quanto nello stimolare la loro autoaffermazione e la loro autostima: il cosiddetto empowerment. Le norme internazionali si fondano sulla premessa di una comune umanità: “Tutti gli essere umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti”, afferma il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Nel 1996, l’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan affermò che da quel momento l’ONU avrebbe incluso i diritti umani in tutti i suoi progetti di sviluppo. La persistenza della discriminazione e della stigmatizzazione, che blocca la vita di milioni di persone, è indice di una violazione dei diritti umani su larghissima scala. Non soltanto perché le persone affette da una patologia psichiatrica sono private di beni, servizi, prestazioni e cure adeguate per condurre una vita dignitosa, ma anche perché – molto spesso – ciò rivela la negazione del diritto all’uguaglianza, alla protezione contro i pericoli e alla piena partecipazione al piano di cura, all’individuale progetto di vita e alla partecipazione alla vita pubblica. Il richiamo al sistema dei diritti umani per arginare la discriminazione, l’esclusione sociale e la stigmatizzazione è dettato principalmente dalla convinzione che questi fenomeni siano una questione di pubblica responsabilità. In ragione della loro vulnerabilità, le persone affette da una patologia psichiatrica sono tutelate da alcune garanzie composte da norme e standard internazionali posti a loro tutela.
Nel 2004 l’OMS lanciò lo slogan “la salute mentale è interesse di tutti”. Le persone con patologie psichiatriche cercano un senso nella vita e si interrogano sulla propria identità. Questa nuova visione culturale di come promuovere la salute mentale affronta direttamente questioni centrali come il tema della felicità, dello “star bene”, il tema del benessere, i rapporti tra salute mentale e salute fisica, e indica la direzione dello sviluppo della comunità. Occorre trasformare i servizi aprendoli alla partecipazione degli utenti, come solennemente affermato a Helsinki nel 2005. Gli utenti possono migliorare la qualità dei servizi contribuendo alla definizione di standard soddisfacenti, alla co-produzione della salute e a un migliore utilizzo delle informazioni per poter individuare le cure più adeguate.
Ogni persona si caratterizza per vari patterns di funzionamento determinati dall’interazione dinamica tra fattori personali e fattori contestuali, che possono agire da barriere o da facilitatori, in un’ottica circolare e dinamica e non più lineare, che include a pieno titolo tutta l’area della salute mentale. I fattori che influiscono sulla salute mentale sono molteplici e interattivi: vanno dai fattori socio-economici (come il livello sociale, l’appartenenza a una minoranza o il grado di scolarità) agli stili di vita, alla quantità e qualità di relazioni interpersonali, alle condizioni dell’ambiente fisico e abitativo, all’eredità genetica, all’accessibilità e all’utilizzo dei servizi socio-sanitari. Fondamentalmente, dunque, la promozione della salute mentale si occupa di individuare e intervenire su tutti quei fattori potenzialmente modificabili (non solo pertanto quelli connessi alle azioni degli individui, come i comportamenti e gli stili di vita benefici per la salute mentale, ma anche fattori quali il reddito e la posizione sociale, l’istruzione, l’occupazione e le condizioni di lavoro, l’accesso a servizi sanitari adeguati e gli ambienti fisici) che, se associati, creano difficoltà di vita che si ripercuotono sulla salute mentale.
L’efficacia delle cure dipende, oltreché dalla qualità delle procedure basate sulle evidenze scientifiche, anche dalla famiglia, dagli amici, dalla scuola, dai datori di lavoro, dai vicini di casa e dalla reale possibilità di usufruire di un vasto arco di servizi e di risorse della comunità. Per questo i servizi devono promuovere l’inclusione sociale e scolastica, la qualificazione dell’ambiente di vita e il miglioramento dei rapporti interpersonali nella comunità. Inoltre devono partecipare al sostegno all’abitare, alla ricerca di opportunità lavorative e a un impiego soddisfacente del tempo libero.
Il testo offre una panoramica storica della salute mentale per poi tracciare dei segni nell’ambito dei diritti umani. Vengono inoltre presentate le dimensioni della fragilità e della marginalità, spesso peculiari caratteristiche di chi soffre di una patologia psichiatrica, con uno sguardo antropologico e pedagogico. L’empowerment è il tema centrale del secondo capitolo mentre nel terzo capitolo viene presentata la posizione di Amnesty International sul tema delle violazioni dei diritti umani in merito alla salute mentale. Il quarto capitolo affronta l’indivisibilità, l’interdipendenza e l’universalità dei diritti umani, la lotta allo stigma e la promozione della salute mentale. In coda sono riportati i testi integrali della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, la Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità. Nell’appendice vengono presentati alcuni casi di violazioni dei diritti umani in relazione alla salute mentale documentati da Amnesty International. La prefazione è stata scritta da un utente di un centro psico-sociale della città di Milano. Il titolo del libro è mutuato dalla lingua inglese “giocando” sulla doppio significato in italiano. Nonostante il testo sia stato scritto nel 2014, i temi che il libro affronta sono ancora – purtroppo – ben lungi dall’essere stati affrontati in maniera compiuta e organica.
Carlo Scovino
Matti per i diritti umani.
Edizioni Arcipelago – GOC, Brescia, 2014
(per scaricare /ordinare /acquistare il libro, www.edarcipelago.com)