Migranti, la campagna #IWelcome di Amnesty è sempre attuale.
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In questo periodo in cui il motivo di preoccupazione più grande è il Covid-19, nel Mediterraneo continua purtroppo la crisi dei migranti. Così come continuano le guerre e la povertà, così le persone sono costrette a fuggire in cerca di una vita migliore.
Nel quasi totale silenzio dei mass media, continuano i salvataggi in mare e la chiusura dei porti adesso trova una nuova scusa: quella del Covid.
Amnesty International insieme con le associazioni del Tavolo asilo nazionale in un comunicato dell’8 aprile ha manifestato preoccupazione per le nuove indicazioni in materia di soccorso in mare presenti nel decreto 150 del 7 aprile 2020.
Nel documento, il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti insieme ad altri ministri, ha dichiarato che i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la definizione di “porto sicuro”. Questo solo per le navi battenti bandiera straniera che abbiano soccorso essere umani fuori dalle acque Sar (area marittima di ricerca e soccorso).
Con questa misura si ritiene che si stia sfuggendo ai propri doveri inderogabili di soccorso nei confronti di chi è in pericolo di vita.
Questa settimana pubblicheremo, come per le altre campagne di Amnesty, un libro e un film, per approfondire l’argomento, e presto condivideremo con voi un’intervista che ci aiuterà a capire quale sia la situazione oggi nel mar Mediterraneo e sulle rotte dei migranti.
La campagna di Amnesty “I Welcome”, è purtroppo attuale e ci pone di fronte alla necessità di non dimenticare i più deboli, tra cui i migranti, nell’affrontare la crisi della pandemia. Questa non deve diventare una scusa per non risolvere, non affrontare la questione dei migranti con compassione, solidarietà, sostegno: valori che definiscono gli esseri umani.
Sulla Alan Kurdi, una imbarcazione di salvataggio, Caterina Ciufegni (volontario per la Sea Eye) dice “Cos’è più importante, il pericolo coronavirus o la vita delle persone che muoiono nel Mediterraneo? Io non ho dubbi. Quando mi sono imbarcata con l’equipaggio sapevo quali rischi stessimo correndo, ma la volontà di salvare chi, pandemia o non pandemia, sale sui gommoni per fuggire da torture e dalla guerra, era prevalente”.