Ritorno dell’ambasciatore italiano in Egitto: una riflessione di Riccardo Noury
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Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, in un articolo aparso ieri 16 agosto sul Fatto Quotidiano, esamina le ragioni del ritorno dell’ambasciatore al Cairo. Non è Giulio Regeni, e la possibilità di trovare finalmente verità sulla sua morte, a portare l’ambasciatore in Egitto, ma piuttosto sono scopi strategici.
L’analisi di Noury: “Uno dei fatti temporalmente coincidenti con la decisione (per me intempestiva e immorale), presa nell’afa pre-ferragostana dal governo Gentiloni, di rimandare l’ambasciatore italiano al Cairo è ampiamente noto e se ne parla altrove sul portale del Fatto Quotidiano. Mi riferisco all’inchiesta del New York Times sull’uccisione di Giulio Regeni. La seconda coincidenza temporale è meno conosciuta. Ha a che fare con la Libia, con la violazione dei diritti umani in quel paese e col ritorno dell’ambasciatore. Il 15 agosto la Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto per crimini di guerra nei confronti di Mahmoud el-Wefelli, comandante della brigata Al-Saiqa, le Forze speciali affiliate all’Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar. Quello che dobbiamo blandire. Dopo Serraj e le tribù della frontiera sud, è la “terza Libia” che ancora ci sfugge.
Cercare di trovare un accordo, attraverso il suo sponsor egiziano, col generale della Cirenaica – sì, quello che giorni fa minacciò di bombardare le navi italiane – per poter portare avanti senza intoppi né ritardi la collaborazione con la Libia al fine d’impedire le partenze di migranti e richiedenti asilo verso l’Italia: questo è uno dei principali moventi della decisione annunciata dal ministro degli Esteri, Angelino Alfano, il 14 agosto.”