Selene Gallone racconta la nascita della Sezione Italiana di AI. Un modo per renderle omaggio.
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“Nel maggio 1975 apparve nella terza pagina del “Corriere” un articolo di Giovanni Russo su A.I.. Quella prima notizia su Amnesty fu per me come un colpo di fulmine. Il giornalista, dopo aver sommariamente spiegato gli scopi ed il lavoro di questa Associazione, nata in Inghilterra nel 1961, comunicava la nascita della Sezione Italiana con 150 soci. Scrissi a Russo, chiedendo l’indirizzo di Amnesty e dicendogli che l’Associazione poteva contare sulla 151esima socia.
La risposta arrivò solamente in ottobre. Il giorno seguente ero in via Formentini, alla scoperta di un’Associazione di cui sapevo poco, ma già quanto bastava per entusiasmarmi.
In cima ad un’angusta scala, un modesto ufficio con un grande tavolo. Dietro il tavolo, una donna bella e giovane, carica di entusiasmo ed intelligenza. Tutt’intorno, manifesti colorati e ritagli di giornale in ogni lingua. Margherita, più che insistere nelle spiegazioni, mi convinse a formare al più presto un gruppo. Il “Gruppo Italia 4” incominciò a lavorare nel novembre 1975, e così i gruppi in Italia non furono più 3, ma 4.
Il lavoro era difficile e noi non sapevamo se ci muovevamo nel modo giusto. Io ero spesso in crisi. Sapevo che si trattava del destino di esseri umani a noi affidati, e avevo paura di sbagliare. Quando l’angoscia diventava più grande, telefonavo a Margherita, rimproverandola di avermi buttato in acqua prima ch’io avessi imparato a nuotare. Lei cercava d’incoraggiarmi con un “Ma credi che qualcuno di noi abbia più esperienza? Per tutti noi il lavoro è nuovo e dobbiamo cercarlo d’impararlo insieme”. I consigli da Londra, lenti ed insufficienti, ci suggerivano di rivolgerci ai nostri Coordinamenti e il significato di questa parola ci risultava oscuro.
Furono anni davvero un po’ mitici, che tutti noi “vecchi” di Amnesty ricordiamo con nostalgia. Dopo alcuni mesi i Gruppi arrivarono a dieci e incominciavamo a sentirci più forti e meno insicuri. Ai Consigli nazionali, informali e rumorosi, partecipavano i responsabili di tutti i gruppi e l’entusiasmo era quello dei neofiti.
Il nostro Gruppo aveva fortuna: tredici prigionieri liberati in cinque anni e, ogni volta che ne usciva uno dal carcere, ci sentivamo bravi e con le ali ai piedi. Dopo 7 anni, i prigionieri liberati erano ancora tredici e noi incominciavamo a dubitare della nostra bravura. Eppure il lavoro era migliorato e l’esperienza riduceva di anno in anno le nostre incertezze. Finalmente avevamo anche noi i nostri Coordinamenti. Poi, per volontà di Letizia, nacque il Servizio Gruppi e da quel momento non ci sentimmo più soli.
I Gruppi in Italia aumentavano e diventavano sempre più efficienti. Ormai spesso anche l’uomo della strada sapeva che cos’era A.I..
La Sezione Italiana ha compiuto 32 anni e, in seno al Movimento Internazionale, non sfigura né per numero di Gruppi né per attività. I gruppi sono circa 200 ed i soci 80.000: nuove schiere di giovani premono con il loro entusiasmo e con il loro ottimismo.
Il peso di Amnesty cresce nel mondo, eppure noi sappiamo che i prigionieri liberati sono una minima parte. Gli altri, coloro che noi consideriamo nostri meravigliosi e coraggiosi fratelli, puniti per i loro e per i nostri ideali, rimangono dietro le sbarre e il filo spinato in attesa di aiuto, nella speranza di una candela accesa.
Non possiamo e non dobbiamo sentire la stanchezza, non dobbiamo “mollare”!
Note di Selene Gallone Bonelli sulla nascita della Sezione Italiana di Amnesty International.