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L’evocazione dell’Inferno dantesco attraversa il racconto di Primo Levi in Se questo è un uomo. Il richiamo si impone in questo inizio del 2021, anno in cui si celebra nel mondo l’anniversario dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri (settembre 1321). Il parallelismo che emerge di frequente, nella limpida e precisa narrazione di Levi, fra le “genti dolorose” della prima cantica e l’umanità degradata dalla sofferenza nel lager, stabilisce un modello comparativo, se si vuole un ponte con il lettore per la comprensione di un’esperienza il cui nucleo rimane sommerso nell’indicibile. La nostra lingua, ci dice lo scrittore, manca di parole per esprimere la vita offesa fino alla distruzione dell’essere umano.
Il “complicato mondo infero”, descritto da Levi in un registro narrativo di economia linguistica, in una prosa chiara ed essenziale scritta affinché “tutti comprendano”, è il risultato di un progetto – anche qui, mancano gli aggettivi – di ridurre in schiavitù, e più in là di essa da essere umano a cosa, una parte della collettività, rappresentata da tutti i componenti ritenuti estranei, non integrabili e per questo tali da venir ridotti a “materiale umano”, da sfruttare fino all’estremo a vantaggio dei dominatori, quando non immediatamente oggetto di sterminio.
Restano indimenticabili le pagine in cui Primo riesce a ricordare e cerca di spiegare a Jean, compagno di prigionia, il canto di Ulisse. I versi “Considerate la vostra semenza / Fatti non foste a viver come bruti / Ma per seguir virtute e canoscenza” ridestano nel prigioniero un altro Ulisse, quello che dovrà usare la propria razionalità per cercare in ogni modo di resistere e poi testimoniare.
Mercoledì 27 gennaio 2021 si celebra la Giornata della Memoria, ricorrenza internazionale per la commemorazione delle vittime della Shoah. Shoah è una parola ebraica che richiama un sacrificio biblico, indica una “catastrofe” o una “tempesta devastante” (Bibbia, ad es. Isaia, 47,11) e viene spesso associata alla parola di origine greca olocausto. Il termine indica a partire dalla seconda metà del XX secolo il genocidio di cui furono responsabili le autorità della Germania nazista e i loro alleati nei confronti degli ebrei d’Europa e per estensione il progetto di annientamento di tutte le persone ritenute “indesiderabili” o “inferiori” in base alla politica razzista dello stato hitleriano. Oltre agli ebrei e ai rom, considerati nemici della Germania per motivi razziali, furono vittime dei lager oppositori politici tedeschi, prigionieri di guerra, soprattutto polacchi e sovietici, omosessuali, “asociali”, testimoni di Geova.
La giornata è stata istituita con la risoluzione 60/7 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dell’1 novembre 2005, durante la 42a riunione plenaria. La giornata commemorativa era stata precedentemente istituita dalla Germania nel 1996, dall’Italia nel 2000, dal Regno Unito nel 2001. Si è stabilito di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nell’offensiva Vistola-Oder, liberarono il campo di Auschwitz (Oświęcim in polacco), scoprendo la realtà, che doveva poi rivelarsi al mondo intero, di oppressione e genocidio dei campi di concentramento nazisti.
Nell’anniversario dell’apertura dei cancelli di Auschwitz il ricordo va a tutte le persone che nel corso della seconda guerra mondiale e nei decenni successivi, ovunque nel mondo, sono state perseguitate o eliminate perché considerate una minaccia o un nemico solo a causa dell’appartenenza a una comunità. Nel contesto europeo, la giornata deve portare a divenire più consapevoli della necessità di porre il tema della tutela dei diritti umani – in cui i popoli d’Europa riconoscono il filo conduttore della loro storia e cultura – al centro delle politiche dell’Unione e dei suoi Stati membri. L’Europa, teatro 76 anni fa dello sterminio nazista, è purtroppo ancor oggi un continente nel quale l’antisemitismo rimane diffuso e in cui intere comunità (rom, migranti e rifugiati, fedeli musulmani) sono considerate una minaccia. Nemmeno dobbiamo dimenticare tutte le altre volte in cui la violazione sistematica dei diritti umani è stata protetta dalle leggi di uno Stato.
La Giornata della Memoria 2021 prevede numerosi eventi e incontri in diretta streaming. In essi, oltre che nella sterminate bibliografie e filmografie sulle tematiche connesse ai crimini perpetrati durante la seconda guerra mondiale, possiamo orientarci alla ricerca di risposte ad alcune delle tante domande che veniamo a porci. Pensiamo alle questioni del negazionismo (in una clausola della risoluzione dell’ONU viene presa una posizione esplicita contro qualsiasi forma di negazione della Shoah come evento storico), della mitologia razzista, delle categorie del pensiero per cui alcuni esseri umani sono meno umani degli altri o non devono “venire prima” (hanno meno diritti?), fino a chiederci quale sia il reale rapporto fra la civiltà occidentale e i terribili esempi che sembrarono interromperla. Tutto ciò per renderci più consapevoli che solo la conoscenza del passato ci permette di capire il presente e immaginare qualche buon progetto per il nostro futuro.
Eugenia Marcantoni