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Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. A livello internazionale, la situazione è mutata radicalmente nel tempo a seguito della ratifica di trattati internazionali (CEDAW, Convenzione di Istanbul). In tal modo, le violenze nei confronti delle donne sono passate dall’essere classificate (e a lungo tollerate) come un “fatto privato” a essere considerate una “grave violazione dei diritti umani”.
Secondo un rapporto pubblicato dall’Organizzazione mondiale della sanità (confermato anche dai dati Istat), nel mondo circa un terzo delle donne, nel corso della propria vita, sono state vittime di violenza fisica e/o sessuale da parte di partner, ex partner o familiari.
A partire dallo scorso marzo, l’emergenza sanitaria generata dall’epidema di Covid-19 ha notevolmente aggravato la condizione delle donne vittime di violenze, e le ha altresì sottoposte a rischi enormi. Tuttavia, la lotta alla violenza non si è fermata e, anzi, ha fatto ricorso a nuove forme assistenziali.
Secondo i dati pubblicati da alcuni centri antiviolenza, nelle prime due settimane di marzo, le richieste di aiuto hanno registrato un calo rispetto ai dati registrati nello stesso periodo dell’anno precedente. Da marzo a giugno, il numero di richieste di aiuto per sé o per altri, registrate dal numero verde 1522, è invece raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2019, circa +199%.
Le ragioni di queste discrepanze sono molteplici. Le restrizioni imposte per contenere e fronteggiare la pandemia, se da un lato hanno avuto un effetto benefico sulla riduzione del numero dei contagi, dall’altro hanno prodotto un side effect nei confronti di alcune donne. In primo luogo, visto che gli abusi si consumano nella maggioranza dei casi entro le mura domestiche, il lockdown ha amplificato il rischio di violenza nonché esarcebato situazioni pregresse. Inoltre, le disposizioni normative relative al distanziamento sociale si sono rivelate un forte ostacolo, sia per quel che concerne l’accoglienza delle donne nei centri specializzati antiviolenza, sia per la possibilità delle stesse di contattare o recarsi personalmente per sporgere denuncia alle competenti forze dell’ordine.
Diversi sono stati gli strumenti utilizzati per far fronte a questa situazione doppiamente emergenziale. Il Dipartimento per le Pari opportunità a sostegno delle donne vittime di violenza ha promosso sui social la campagna informativa “Libera Puoi”, per promuovere la conoscenza del numero verde 1522 (attivo 24/7), nonché per promuovere la relativa app, con cui è possibile interagire direttamente con le operatrici. Al contempo, anche nelle farmacie presenti sul territorio nazionale, sono state messe a disposizione delle linee guida ed è stato reso disponibile per la distribuzione il materiale informativo. È stata inoltre attivata l’app “You Pol”, che consente alle donne di comunicare con la Polizia di Stato e segnalare eventuali maltrattamenti in totale sicurezza senza correre alcun rischio. Con questa applicazione è infatti possibile sporgere segnalazioni in forma anonima o registrata.
Il fenomeno della violenza domestica è molto diffuso, ma ancora in gran parte sommerso. Secondo i dati Istat, solo il 12% delle donne sporge denuncia. Diverse sono le ragioni di questa reticenza: vergogna, imbarazzo, mancanza di fiducia nelle autorità competenti e nei possibili processi giudiziari, nonché la paura di essere giudicate o di essere “vittimizzate” una seconda volta. L’Italia è oggi alle prese con cambiamenti storici e rivoluzionari che mettono in discussione le modalità con cui combattere la violenza nei confronti delle donne. Attraverso attività di prevenzione e con politiche sociali in grado di promuovere l’uguaglianza di genere, sia a livello nazionale che a livello locale, sarà possibile educare le generazioni future.
Francesca Braga
Per approfondire la nostra campagna contro la violenza sessuale #IOLOCHIEDO