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Il 20 novembre si è celebrato il Transgender Day of Remembrance (TDoR), una ricorrenza della comunità LGBTI+ per commemorare le vittime dell’odio e del pregiudizio verso le persone transgender/transessuali. L’evento venne introdotto da Gwendolyn Ann Smith1 in ricordo di Rita Hester, una donna trans assassinata nel proprio appartamento di Boston nel 1998. L’anno successivo si svolse una veglia a lume di candela a San Francisco e da allora l’evento è cresciuto fino a comprendere commemorazioni in centinaia di città in tutto il mondo. In ogni paese ci sono tantissimi eventi dedicati a questa giornata, organizzati sia dalle associazioni sia dai singoli attivisti che ogni anno promuovono iniziative per aumentare la visibilità di questa ricorrenza.
Il TDoR oggi è una data che pone l’accento sulla necessità di eliminare le disuguaglianze, accorciare le distanze dei diritti e in maniera fondamentale dire stop ai crimini commessi nei confronti delle persone trans. L’evento intende celebrare e commemorare chi non ha più voce ed esigere il diritto alla piena cittadinanza nella società civile per ogni persona transgender e di genere non conforme. “Nobody’s going to care”, sono state le parole di Gwendolyn Ann Smith quando, intervistata nel 2019 in occasione del ventesimo anniversario della celebrazione, le venne chiesto quali fossero state le sue impressioni all’inizio del progetto Remembering.
Secondo il Trans Murder Monitoring Project da ottobre 2021 a settembre 2022 in tutto il mondo sono stati denunciati oltre 327 casi di transicidio. Dal 2019 a oggi c’è stato un aumento dell’8% dei reati e l’età media delle persone trans trovate senza vita quest’anno è di 27 anni. La più giovane aveva 12 anni, la più anziana 59. Per la prima volta, precisa il TMM facendo riferimento alla mappa internazionale della transfobia, si riportano casi di transicidio in Estonia e in Svizzera. Entrambe le vittime erano donne trans migranti nere. Il 95% delle persone uccise globalmente erano donne trans o persone trans femminili. Il 65% di loro, di pelle nera o facenti parte di un altro gruppo razzializzato. Metà delle persone trans la cui occupazione è nota erano sex worker. Il 68% dei transicidi registrati si sono verificati in America Latina, ai Caraibi, il 29% del totale (77) si sono consumati in Brasile. In Italia negli ultimi dodici mesi si sono registrate dieci vittime.
La gran parte dei transicidi sono avvenuti in strada e nelle abitazioni private delle vittime. A causa dei limiti riscontrati nelle fasi di denuncia e controllo, questa cifra rappresenta però soltanto la punta dell’iceberg. I responsabili di atti di violenza e omicidio possono spesso contare sull’impunità. La discriminazione, percepita e reale, da parte delle autorità di sicurezza aumenta la percentuale delle mancate denunce da parte delle persone transgender, a causa della vergogna, della paura e del rischio di non essere credute durante la procedura giudiziaria. Questi fattori hanno effetti dannosi sulle persone transgender e sulle loro comunità: l’invisibilità, la derisione e i pregiudizi possono causare isolamento ed emarginazione sociale. Sono pochi i paesi che dispongono di una legislazione che riconosca motivazioni di natura transfobica per i crimini d’odio e i discorsi di incitamento all’odio.
Quando poi la violenza viene commessa da attori statali le persone transgender hanno poche possibilità, o nessuna, di ottenere giustizia. Le persone transgender subiscono violazioni del proprio diritto alla salute sia quando ricevono cure specifiche legate alla propria identità di genere sia quando ricevono cure mediche generiche, a causa di norme e politiche che impediscono loro l’accesso alle cure, e a causa dei pregiudizi del personale sanitario o della mancanza di informazioni sulle esigenze sanitarie delle persone transgender. Atteggiamenti problematici da parte del personale sanitario, approcci datati nell’affrontare l’espressione e l’identità di genere, nonché la mancanza di conoscenze e di strutture producono abusi sanitari e inducono sfiducia nelle persone transgender. Di conseguenza, la salute fisica e mentale delle persone transgender spesso è peggiore di quella della popolazione in generale.
Queste situazioni hanno un valore maggiore poi per coloro che subiscono una discriminazione multipla a causa dell’origine etnica, dello status di rifugiato o per altri motivi. Le norme e le politiche restrittive sull’accesso alle cure sanitarie per le persone transgender indicano che tali cure spesso non risultano accessibili a coloro che ne hanno bisogno. Queste, in effetti, impediscono l’accesso alle cure contribuendo a promuovere le pratiche di automedicazione, spesso con effetti disastrosi. La prescrizione di determinate procedure mediche, quali la chirurgia invasiva o il trattamento psicologico obbligatorio, in maniera uguale per tutti/e, viola il diritto della persona all’autodeterminazione, all’integrità fisica e alla salute.
Le persone transgender che desiderano cambiare il nome e/o il genere assegnato loro alla nascita devono affrontare una serie di ostacoli legali, sociali e istituzionali. Le persone transgender la cui identità e/o espressione di genere non corrisponde a quanto riportato nei propri documenti ufficiali di identificazione rischiano di vedere violato il proprio diritto alla privacy ogni qualvolta venga richiesto loro di provare la propria identità. Le disposizioni in materia di riconoscimento legale del genere spesso richiedono una diagnosi di disturbo mentale, la chirurgia genitale, la sterilizzazione e altre cure mediche, nonché l’essere non sposato/a o il dover divorziare per coloro che sono già sposati/e. In mancanza di procedure trasparenti e accessibili si viola il diritto alla certezza legale e le persone devono sostenere l’onere di procedure lunghissime, stressanti e dispendiose. Rischiano, inoltre, di veder violati i propri diritti economici, sociali e culturali a causa di una forte discriminazione nell’ambito lavorativo, dell’istruzione, dell’accesso a beni e servizi.
La posizione di Amnesty International sui diritti delle persone transgender o trans ha come obiettivo quello di far sì che venga loro garantito il pieno godimento di tutti i diritti umani. Amnesty International richiede agli stati di prevenire e porre fine alle gravi violazioni dei diritti umani delle persone transgender, conformemente agli obblighi di ogni stato in base agli standard internazionali sui diritti umani:
– proteggere il diritto alla vita
– garantire il diritto di essere riconosciute/i dalla legge
– garantire il diritto alla privacy
– porre fine alla discriminazione per motivi di identità di genere in seno al sistema di giustizia penale
– garantire il diritto a ricevere un’adeguata assistenza sanitaria e cure mediche
– garantire il diritto di formare una famiglia
– garantire i diritti economici, sociali e culturali.
Il 18 giugno 2018, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha rilasciato la nuova versione dell’International Classification of Diseases (ICD 11)2 in cui, tra le altre modifiche apportate, la “gender incongruence” è stata rimossa dai disturbi mentali. Il documento è stato presentato a fine maggio 2019 alla 72a Assemblea Mondiale della Sanità (WHA), l’organo legislativo dell’OMS, per l’adozione negli stati membri e diventerà effettivo a partire dal 1 gennaio 2022. La cancellazione della disforia di genere dal capitolo sulla salute mentale è stata introdotta in quello sulla salute sessuale. L’OMS afferma che il disturbo dell’identità di genere è una condizione della salute sessuale per cui le persone possono ricercare servizi medici ma che è chiaro non essere annoverabile tra le malattie mentali. Lale Lay, coordinatrice dell’Adolescents and at-Risk Populations Team dell’OMS, aveva già spiegato nel 2018 il motivo della decisione di far rimanere la condizione all’interno della classificazione: “È stato cancellato dai disordini della salute mentale perché abbiamo compreso meglio che non era in realtà una condizione di disturbo mentale e lasciarlo lì era causa di stigma. Quindi per ridurre lo stigma e assicurare nello stesso tempo l’accesso agli interventi sanitari è stato inserito in un capitolo differente”.
La ragione della scelta dell’OMS è che non c’è prova che la transessualità sia un disturbo mentale e continuare a classificarla come tale rappresenta un grave stigma che ha condotto a discriminazione, molestie e abusi e, in alcuni casi, anche criminalizzazione di un’espressione del genere non conforme a quella tradizionalmente indicata dalla cultura di appartenenza. Grazie a questo cambiamento epocale, tutta la materia legata alla transessualità è stata derubricata al capitolo dedicato alla sessualità e non saranno più ammesse cosiddette terapie riparative, ospedalizzazioni e medicalizzazioni forzate o addirittura la forzata sterilizzazione.
Esiste inoltre un’altra giornata dedicata alla comunità trans: è il 31 marzo ed è internazionalmente conosciuta come la Giornata Internazionale della Visibilità Trans. Tale data è stata promossa nel 2009 dall’attivista trans americana Rachel Crandall, che denunciò la mancanza di un giorno dedicato alla celebrazione dell’orgoglio trans. L’identità di genere non è un capriccio e neanche una moda: è la percezione stabile di sé e della propria individualità maschile, femminile o oltre i generi binari. Tutte le persone hanno un’identità di genere ma solo alcune sono discriminate, violentate e uccise per la loro identità di genere.
La memoria è un valore importante della Storia e delle storie. A differenza del ricordo non rappresenta solo un’immagine di qualcosa che è stato ma ne fissa nell’umanità l’idea, generando cultura, conoscenza e alimentando riflessione. Il ricordo è sempre molto importante e diventa elemento essenziale per rafforzare la memoria collettiva dell’intera umanità affinché ciò che è stato non si ripeta nuovamente. È attraverso il ricordo e la memoria che si concretizzano in testimonianze scritte, visive e in quelle che i/le sopravvissuti/e possono raccontare che si aiuta la formazione e la crescita della coscienza di tutt* per non dimenticare mai.
Noi tutt* abbiamo il dovere di contribuire a rendere la società un luogo dove ogni persona possa vivere e non dover provare il dolore dell’esclusione, del non riconoscimento della propria individualità e del proprio diritto a esistere. Il virus della discriminazione, dell’odio, della sopraffazione e dell’intolleranza non è confinato in una isolata dimensione storica ma attiene strettamente ai comportamenti degli esseri umani e debellarlo riguarda il destino stesso del genere umano. Amnesty International continua a farlo dal 1961.
La Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea garantisce il diritto alla dignità umana, alla vita e all’integrità della persona, il diritto alla libertà e alla sicurezza, al rispetto della vita privata, il diritto all’istruzione e il diritto all’uguaglianza davanti alla legge. L’articolo 21, poi, garantisce il diritto alla non discriminazione, inclusa quella fondata sull’orientamento sessuale. Nella relazione conclusiva della ricerca “Essere Trans in Europa” (2014) condotta dall’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA), una persona trans di 28 anni dei Paesi Bassi ha dichiarato: “Come persona transgender ritengo fondamentale che i responsabili politici e gli operatori sanitari si rendano conto che lo spettro di genere comprende più che semplicemente i due estremi. Nel mezzo possono esserci varie sfumature che dovrebbero consentire alle persone di vivere una vita soddisfacente, senza identificarsi con l’uno o l’altro estremo dello spettro, ovvero con un’immagine completa di uomo o di donna. È necessaria più comprensione, ma soprattutto sono necessari più risorse e sostegno giuridico per consentire a noi trans di vivere la nostra vita come le altre persone”.
I risultati rivelano che le persone trans subiscono frequenti violazioni dei loro diritti fondamentali: discriminazione, violenza e molestie tutte a un livello più intenso rispetto a quelle subite da altri appartenenti alla comunità LGBTI+. Quando i piani d’azione, le misure positive e le politiche di uguaglianza intesi a contrastare la discriminazione sono elaborati e attuati adeguatamente, le persone trans dichiarano di essere più aperte riguardo alla loro identità di genere. I risultati dell’indagine sottolineano l’importanza che rivestono i quadri giuridici e gli strumenti politici che contribuiscono a proteggere e promuovere i diritti fondamentali e a far progredire le norme e le convinzioni sociali, migliorando in tal modo la vita delle persone. Facciamo tutt* insieme della memoria del TDoR una pratica di resistenza attiva e di resilienza.
Carlo Scovino
1 Gwendolyn Ann Smith è un’attivista transgender, scrittrice e grafica. Dal 1993 al 1998 ha diretto il Transgender Community Forum su AOL, uno dei primi forum pubblici online per persone transgender. Dal 2000 è editorialista del Bay Area Reporter. La sua rubrica si chiama “Trasmissioni” e il suo saggio “Siamo tutti freak di qualcuno”, è nella quattordicesima edizione del Norton Reader. Gestisce anche il sito web Genderfork. Smith ha fondato un sito web chiamato Remembering Our Dead che commemora le persone che sono morte (a partire dal 1970) come risultato diretto dell’odio e del pregiudizio basati sul genere. Oggi l’elenco è ospitato sul sito web del Transgender Day of Remembrance, che dal 2007 pubblica informazioni sulle persone che sono state uccise a causa della violenza anti-transgender.
2 L’ICD è la base per l’identificazione di tendenze e statistiche sulla salute a livello globale e lo standard internazionale per la segnalazione di malattie e condizioni di salute. È lo standard di classificazione diagnostica per tutti gli scopi clinici e di ricerca. L’ICD definisce l’universo di malattie, disturbi, lesioni e altre condizioni di salute correlate. Esso cattura anche fattori che influenzano la salute, o cause esterne di mortalità e morbilità, fornendo uno sguardo olistico su ogni aspetto della vita che può influire sulla salute. Permette di programmare i servizi sanitari, allocare la spesa sanitaria e investire nel miglioramento delle terapie e della prevenzione. L’ICD-11 è ora adatto a molti usi, tra cui registrazione clinica, cure primarie, sicurezza dei pazienti, resistenza antimicrobica, allocazione delle risorse, rimborso, casemix, oltre alle statistiche di mortalità e morbilità. Esso riflette i progressi della scienza e della medicina. Può essere ben integrato con applicazioni di salute elettronica e sistemi di informazione.
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