Mare Chiuso, il film di Stefano Liberti e Andrea Segre
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“La verità trionfa da sola, la menzogna ha sempre bisogno di complici.”
(Epitteto)
Il 4 dicembre 2018 presso lo spazio culturale della Corte dei Miracoli, a Milano, è stato proiettato un documentario di Stefano Liberti e Andrea Segre intitolato Mare Chiuso, prodotto nel 2012 da ZaLab. Il tema affrontatodal documentario è quello della politica dei respingimenti sulle coste libiche condotta dall’Italia, raccontata con onestà attraverso le interviste e le testimonianze di migranti che hanno affrontato la traversata del Mediterraneo tra il 2009 e il 2010.
Nessun giornalista, nessuna persona esterna, nessuno poteva sapere, prima del 2011, che cosa realmente accadesse durante questi famosi respingimenti. Che cosa succedeva ai migranti? Perché nessun giornalista poteva salire sulle navi? Perché tutti i testimoni sono poi stati portati in Libia, detenuti? Restano troppe domande senza risposta sugli accordi presi da Gheddafi e dall’allora presidente del Consiglio italiano Berlusconi, che hanno regolato in quel periodo i rapporti tra Italia e Libia sul tema dei respingimenti.
Le navi destinate all’arrivo in Italia finivano infatti in Libia, dove i migranti venivano incarcerati. In Libia non avevano nessuno che potesse proteggerli, i loro diritti umani non venivano rispettati e spesso la detenzione comportava violenze e abusi. Questo fino al marzo 2011, quando in Libia è scoppiata la guerra civile e molti migranti detenuti sono riusciti a scappare. Tra questi ci sono anche i testimoni intervistati nel documentario, profughi etiopi, eritrei e somali, che si sono rifugiati nel campo UNHCR di Shoshua in Tunisia.
Le riprese dei registi sono intervallate daivideo autentici dei migranti che hanno documentato con i loro smartphone una verità che non si vede in televisione. Dal mare alle coste italiane, dalla Libia ai campi in Tunisia, vediamo riprese della vita sulla nave, di canzoni e preghiere, ascoltiamo racconti amari che fanno venire il nodo alla gola. I testimoni raccontano che molti di loro hanno subito atti di violenza, e descrivono il trattamento riservato loro dagli italiani che avrebbero dovuto accoglierli. Raccontano della confusione, dei fraintendimenti, della mancanza di mediazione e di volontà di farsi comprendere.
La storia raccontata dal documentario è in realtà composta da tante piccole storie, quelle dei protagonisti migranti sopravvissuti, ai quali i registi decidono di dare spazio e voce per lasciare che i loro racconti facciano il resto.
C’è un papà, Semere, che durante l’intervista nel campo racconta come sua moglie allora incinta sia arrivata in Italia prima di lui, perché non avevano soldi a sufficienza per partire insieme. Racconta di quando finalmente si mise in viaggio anche lui senza però riuscire ad approdare in Italia. Una storia come tante, questa, che fortunatamente ha avuto un piccolo lieto fine: l’abbraccio in aeroporto di un padre con la figlia ormai di qualche anno sotto gli occhi lucidi della moglie è una delle scene più toccanti del documentario, che lascia intravedere persino qualche sfumatura di speranza.
Senza troppi fronzoli, senza romanzare, Stefano Liberti e Andrea Segre riescono a mostrare l’altra faccia della medaglia in modo semplice ed efficace. Adatto a chi non si accontenta delle apparenze sultema delle migrazioni, consigliato a chi non conosce i dettagli delle politiche dei respingimenti, Mare Chiuso è un documentario interessante ed emozionante, che non lascia indifferenti gli spettatori e spinge a fare di più.