Le pallottole italiane trovate per terra durante gli scontri dei primi di marzo sono probabilmente arrivate in Myanmar dalla Turchia. Il 18 marzo il direttore di Amnesty International Italia insieme alla Rete italiana per il disarmo e ad altre associazioni ha scritto una lettera all’amministratore delegato della ditta di proiettili Cheddite per chiedere chiarimenti. Si attende una risposta.
Intanto continuano a mobilitarsi i birmani in Italia. Per il 27 marzo, in occasione della festa nazionale che commemora la resistenza partigiana contro le forze d’occupazione giapponesi durante la seconda guerra mondiale, è stata organizzata una manifestazione contro i militari a Roma davanti al Campidoglio. I partecipanti saranno vestiti di nero, in segno di aperto antagonismo con le celebrazioni delle forze armate in Myanmar. Alle parate militari non saranno in tanti quest’anno, gli eserciti delle minoranze etniche hanno infatti unanimemente annullato la loro presenza, adducendo come scusa di non aver saputo per tempo dell’invito.
Iniziative come quella italiana saranno prese un po’ in tutto il mondo, coordinate dal governo ombra organizzato dopo il colpo di stato dai membri eletti e ora latitanti della Lega nazionale per la democrazia. Il Cabinet of Committee Representing Pydaungsu Hluttaw (CRPH), il parlamento che si sarebbe dovuto democraticamente insediare ai primi di febbraio, ha confermato Aung San Suu Kyi segretaria di Stato e Win Myint presidente, malgrado le loro voci siano per il momento “silenziate” dalla prigionia.
Comunica al loro posto con il movimento di disobbedienza civile che protesta in Myanmar e con i birmani dispersi per il mondo il Dr. Sasa, un medico Chin membro della Lega nazionale per la democrazia riuscito ad arrivare in India con una fuga rocambolesca.
La settimana scorsa, ovunque risiedano per motivi di studio o di lavoro figli e parenti dei generali, i ministri degli esteri di quei paesi si sono visti recapitare una lettera dalla locale comunità birmana con la richiesta di revocare loro il visto e di congelarne i conti correnti. La lettera italiana riguardava la figlia del generale ministro degli esteri, impiegata all’ambasciata di Roma. Fortunatamente fonti ufficiose la danno già per rientrata in Myanmar.
La lotta per la democrazia prosegue anche oggi, giornata mondiale del silenzio. Nelle strade birmane civili e religiosi, buddhisti e cristiani sfileranno in corteo con un cerotto sulla bocca. E mentre sempre più stati esprimono parole di condanna verso i generali, è di oggi una notizia importante: da un incontro di martedì dei ministri degli esteri di Russia e Cina è emersa la comune preoccupazione per l’aggravarsi delle violenze e la volontà di dialogare con tutte le forze in campo. I russi hanno fatto un passo in più e valutano la possibilità di sospendere ogni collaborazione militare con il Myanmar.