Quanti sono e dove andranno i rifugiati e i migranti afghani?
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In Afghanistan, nelle ultime settimane si è assistito a un’ondata di violenze e gravi violazioni dei diritti umani senza precedenti. Nella maggioranza dei casi, il bersaglio era costituito dalla popolazione più vulnerabile, ossia donne, bambini e minoranze. Questi accadimenti hanno contribuito a deteriorare uno scenario già drammaticamente instabile sia a livello politico che sociale. Non bisogna dimenticare che la crisi umanitaria esiste da anni ed è stata aggravata dalla pandemia di Covid-19 e dalla siccità.
In una tale cornice di eventi, si sono così riaccesi i riflettori sul tema dell’emergenza dei rifugiati e dei migranti, da sempre un problema cruciale in Afghanistan. È molto difficile prevedere il numero esatto di cittadini afghani che lasceranno il paese nei prossimi mesi, così come è complicato ipotizzare se vi sarà una profonda crisi migratoria in Europa.
È noto che l’Afghanistan si trovi nel cuore dell’Asia e sia privo di sbocchi sul mare. È così alquanto probabile e prevedibile che la maggior parte dei migranti cercherà rifugio e protezione attraversando via terra i paesi confinanti, ossia Iran e Pakistan. Nei prossimi mesi sarà importante capire esattamente come prepararsi a un aumento dei richiedenti asilo in un contesto geopolitico precario. Inoltre, come reagiranno i paesi occidentali? Saranno pronti ad accogliere migliaia di profughi? Vi è poi l’incertezza legata ai futuri comportamenti dei talebani. Quali ulteriori restrizioni adotteranno? Sarà garantito il rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali?
Durante la prima fase della crisi, le persone, consapevoli dei terribili effetti del regime talebano, hanno abbandonato in maniera veloce e quasi sempre legale l’Afghanistan. Ma non sarà sempre così. Le prossime migrazioni avverranno verosimilmente nell’ombra, nell’irregolarità e nell’illegalità. La ragione principale è che non esiste un unico luogo sicuro ove potersi recare e stabilire a lungo termine, così come non esistono direttive comuni e univoche.
Negli ultimi anni, molti paesi europei hanno attuato politiche sempre più ostili nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo, e tutto ciò ha spesso ottenuto un enorme supporto da parte dell’opinione pubblica. Sono stati inoltre rafforzati i controlli alle frontiere nonché rese macchinose e molto complicate le procedure per la richiesta dello status di rifugiato. Le radici di queste politiche migratorie sono da ricercarsi nei sentimenti di intolleranza e paura nutriti dai cittadini verso la questione dell’immigrazione. Sarà necessario articolare un piano chiaro ed efficace per assistere le persone che stanno fuggendo dal regime. Sarà decisivo agire subito con politiche migratorie comuni per scongiurare il ripetersi di flussi illegali su larga scala, così come la crescita esponenziale di fenomeni criminali, su tutti il traffico di esseri umani.
I migranti e i rifugiati vivono in una situazione di grande sofferenza, disagio e marginalità. Si ritiene quindi necessaria la cooperazione internazionale per affrontare due obiettivi fondamentali: l’accoglienza e la sicurezza. È importante partire dal presupposto che la decisione di abbandonare il proprio paese di origine è legata alla fuga dai conflitti, dalle discriminazioni, dalle violenze e dai crimini. È complicato capire le ragioni che spingono alla “fuga”, alla disperata ricerca di un futuro stabile con il pieno riconoscimento dei diritti, delle libertà nonché il rispetto di tradizioni e culture differenti. Nonostante sia molto difficile, è essenziale mettersi in their shoes, ossia comprendere la situazione anche dal punto di vista dei migranti e dei rifugiati.
Tutto ciò si chiama integrazione, un concetto spesso ambivalente, che astrattamente appare possibile, ma che necessita un reale impegno per la sua concreta realizzazione. Il fenomeno dell’integrazione non deve essere inteso in maniera unilaterale, come adattamento da parte del migrante o rifugiato alle tradizioni del paese ospitante. È cruciale che sia interpretato in modo bilaterale, come scambio e fusione delle differenti culture. Solo attraverso questo approccio sarà possibile davvero offrire un futuro migliore ai migranti e ai rifugiati.